sabato 27 dicembre 2014

Noir


Lecce: un uomo dalla stanca barba grigia, con indosso un basco nero, una giacca di velluto blu scuro, un viso alla De Gregori e tanta esperienza nello sguardo, fruga tra i cartoni ammassati al cassonetto e ci trova vecchi libri usati: lo sorprendo appena apre quello scrigno, mentre se lo gusta fermo dritto sul marciapiede con una bell' aria soddisfatta, mentre la vita di città non rallenta, gioioso come avesse scoperchiato per primo un sarcofago egizio. Sulla facciata di un enorme palazzo degli anni '70 un'enorme foto dei due Marò per riportarli a casa: vecchio e nuovo che si compenetrano dentro un patriottismo sfrenato ma soltanto apparente. Un palloncino bianco sul quale è disegnata una faccia sorridente giace trafitto sull' asfalto, eppure ancora mi sorride tra gli pneumatici senz' anima che lo sbalzano di qua e di là: la fantasia non sfiorisce sotto i dardi ostili della modernità. L' autista del bus ha apprezzato il mio saluto formale, interpretandolo come un inaspettato gesto di rara civiltà. C'è gentilezza anche nelle dure città, nelle nature morte metropolitane. Mi avvio verso il mio binario: sulle scale un vecchio indossa un lungo cappotto nero, liso e pesante, uno di quelli che abbracciano soltanto persone con lunghe storie da mettere al sicuro. Suona ballate tristi con la sua fisarmonica rossa. Cinquanta cent nel suo cestino: un prezzo così basso per chi come lui regala sguardi rassicuranti e un intenso sorriso sdentato. Nelle stazioni ferroviarie il caffè è una brodagliaccia nera, eppure resa sopportabile dall' aumento dei succhi gastrici che caratterizza tutte le partenze. Nei bagni poi ci si specchia più che a casa, ci si guarda rapidamente ma più e più volte e ad ogni sguardo ci si scopre sempre un pò diversi rispetto a come ci si è alzati la mattina, ora i capelli, ora l'espressione stanca, ora il bavero della camicia. Finalmente in treno. Ho la consuetudine di sedermi ai posti contrari alla direzione di marcia, con il futuro alle spalle e gli occhi ai sogni che si lasciano a casa. Bari: nella terra del sole è sparito il sole al tramonto. L' attenzione si ferma su dei giovani carabinieri con lunghi cappotti neri, le mani incrociate dietro la schiena, due grossi cappelloni che contrastano con i loro visi più che pallidi da troppe sveglie all'alba. L' impressione non è delle migliori: sento la libertà minacciata da una severità spietata che tanto mi ricorda la deportazione nazista. Prendo il secondo caffettaccio al bar, dribblando con il trolley uomini in fila alle slot machine con occhi assenti e mi fa pena rabbiosa la loro arrendevolezza al grande inganno del Sistema. In fondo alla sala tra patatine e caramelle sperlari una bionda cinquantenne sola coccola il suo the al limone, disperdendone l' aroma fin dentro le molecole puzzolenti dell'alito del cassiere, tuffando milioni di volte la bustina nella tazzina con indefinita poesia. Due anziani seduti in disparte, nascosti nell'angolo della toilette: un tavolo, due sedie in plastica diverse, un mazzo di carte: sembrano collocati lì per non urtare la sensibilità dei passanti felici. La vecchiaia soprattutto in città è nera, brutta e solitaria nonostante gli anziani si facciano compagnia. 

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