lunedì 15 dicembre 2014

Dalla cupola al Cupolone


E poi apri la finestra che affaccia sur Cupolone, accendi la tv su ReteSole Lazio e scopri che a Roma c’è la mafia! Pare ieri che er Freddo e il Libanese rapinavano ed estorcevano in lungo e in largo, che facevano qualche servizietto sotto banco per lo Stato ed oggi invece ti ritrovi sulla Tiburtina “la mafia.” Baciamo le mani, sia chiaro, che magari s'offende qualcuno che ha il marcio DOP: questa è la mafia de noantri, una mafia all’amatriciana fatta di politici, affaristi, truffatori, picchiatori, strozzini mica di bombaroli, assassini! Eh! Questa è una mafia che fa simpatia, che pare essere uno sceneggiato al cinema: state tranquilli che ora viene fuori Verdone e ce fa ride tutti quanti! Al massimo te scrocchiano l'ossa mica ti sciolgono nell'acido: che sarà mai questa mafietta capitolina! E che nessuno lo avrebbe mai sospettato, si sapeva ma chi ci pensava mai. Ne parlavo giusto ieri sera col mio strozzino di fiducia mentre mi spezzava la seconda falange: “Non ce se crede che è diventata sta città… mò pure la mafia! Quella è concorrenza tosta!”. Lo dicevano pure al bar vicino al comune, dove Enrichetto dell’ufficio lavori pubblici pagava da bere per la sua nuova Maserati con interni in pelle umana: “Una cosa incredibile! Adesso non si sa più a chi chiedere la stecca!”. “Ah 'Nrichè! Facessero come je pare, io la coppola nun me la metto!” chiosava Er Cipolla, ex pugile, buttafuori, esattore e spacciatore dall'alito carnivoro, stirandosi la tuta acetata. “Vabbé, però se dovemo anna’ in Sicilia a me mica me dispiace” cianciava cor chewingum Jessicah, la sua ragazza, mentre si rimirava le unghie finte lunghe seduta sullo sgabello che pareva Margot di Lupin. Anche il barista scuoteva la testa, mentre con una mano staccava il collegamento delle slot col Ministero delle Finanze e con l’altra dava la mazzetta al vigile urbano per non far fare le multe ai clienti che si fermano in doppia fila. “Dove anderemo a finire?” si chiede la sora Nella, 81 anni, buttata fuori dalla casa popolare da due energumeni che avevano deciso di assegnarla ad altri bypassando la burocrazia delle richieste e delle graduatorie, mentre arranca in stazione circondata da zingarelli di una decina d’anni che la scuola non l’hanno mai vista.
Scriveva Calvino: “Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure”, e Roma non è diversa, tra i sogni di potere dei prepotenti e la paura che governa gli altri.

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