martedì 9 dicembre 2014

Sempre la stessa storia

E' sempre la stessa storia. Anche la domenica mattina. Apro le tende del mio ufficio. La luce occupa gli spazi con il riflesso del biondo mare stagliato dal mostro dell'Ilva. Giro nervosamente il mio sciapo caffè e uso la paletta come un siculo scacciapensieri. Ah, sì, i pensieri. I figli lontani, il mutuo da pagare, le tubature da cambiare e poi le ginocchia, maledette ginocchia e poi quante carte: "ai tempi miei si risolveva tutto con una stretta di mano". Aspetto la gente che chiede consiglio e pure se un ladro mi confessa una rapina, lo guardo negli occhi stanco e senza meraviglia. L'altra sera Donna Caterina è entrata in questa stanza, ha chiuso la porta e ancora non sicura del silenzio nell'orecchio mi ha confessato "Comandà, il figlio di Libera è di don Mattia, sì, avete capito bene, il prete, sì, quello nuovo". Sapendo che questa è incline al chiacchiericcio da bottega, l'ho congedata - "Andate andate pure, Caterina, sono solo dicerie di vicinato" - con solo con sei Ave Maria, nemmeno fossi io il prete in dolce attesa. In tanti anni di onorato servizio ho capito che, per vivere meglio, bisogna confessare i propri peccati al Signore là in cielo nella speranza che t'ascolti o a noi poveri cristi su questa terra sconsacrata nell'attesa di non essere noi per primi giudicati. Un caro vecchio amico brigadiere andava dicendo ai galeotti, che scortava davanti ai giudici e che imploravano pietà: "Le preghiere non servono a niente, se tra due ore stai ancora rubando". Questa mattina aspetto Nicola, un buon uomo di Punta Rondinella, che ha un figlio che s'è giocato pure l'anima nelle slot machines. Se avesse dato ascolto al padre, sarebbe un gran signore, sistemato e sposato. Ieri ha accoltellato un uomo per una sigaretta. "Marescià, mi scusi sà!", bussa impettito il giovane carabiniere ciociaro al montante della porta, "e che c'è sarebbe un vecchio che m'è chiede se è reato de avè dù rapporti al mese con nà prostituta".  Scuoto la testa e lancio un fulmine al ragazzo ma sorrido sotto il mio baffo corvino. E per fortuna che oggi è domenica. E non potete immaginare che sofferenza è stata cercare di distogliere Rosa dell'Hotel Astor dallo sposarsi con un carcerato. Il giorno prima la mamma, santa donna che vent'anni fa per me era il primo amore, col cuore a pezzi mi ha preparato la solfa per la figlia l'indomani: "Rosa cara, mi sembri tua madre e non fare il suo errore che da ragazza scelse Nicola "ù fesse" invece di un giovane uomo in divisa. Ricorda, cara figlia: Ha lassàte Criste, pè scè a lle cozze". Ogni volta che penso al mio passato, a questa mia vita, riguardo il mare, che è sempre uguale e sempre nuovo: si porta via lontano gli uomini e il tempo e torna sempre solo a riva, per continuare il suo moto perpetuo dal tempo dei Greci a questo mio tempo. E io che sono barca in mezzo a questo mare di peccatori, altrettanto io peccatore, non posso far altro che essere mare e onda, cristo e bestemmia, giudice e ladro, in attesa di essere portato via lontano da questo mare, che tornerà solo a riva. 

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